TU CHIAMALE SE VUOI… SOFT SKILLS

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LE 3 ABILITÀ CHE TI AIUTERANNO A SOPRAVVIVERE ALLA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Ne parlano tutti, recruiters e non. Se cerchi un nuovo lavoro, o se vuoi  sopravvivere a quello che fai, ciò che conta al giorno d’oggi è possedere una buona dose di soft skills. Le cosiddette competenze “leggere” (scopri di più). Che poi, c’è poco da girarci intorno, tanto leggere non sono e tra poco capirai perché.

Intanto, che cosa intendiamo con soft skills?

Due paroline due, che nell’era della digital transformation, possono renderti l’esperienza di lavoro una sfida entusiasmante, seppur complicata, oppure – se non le possiedi – il peggiore incubo di cui non vedi la fine.

Noi addetti ai lavori la facciamo più semplice e le chiamiamo in italiano: “competenze trasversali”, anche se a chi scrive, questa traduzione dall’inglese non convince affatto perché non rende giustizia al loro significato più autentico.

Vengono identificate così per distinguerle dalle competenze tecniche, quelle tipiche del ruolo che ricopriamo e che impariamo al liceo, all’istituto tecnico, all’università o con l’esperienza sul campo. Trasversali versus Tecniche. Soft skills versus Hard skills
Sì, lo so, dirlo in inglese ha un altro effetto, vero?  Ma tant’è.

Stiamo sulle soft e proviamo ad elencarne tre.

1. IMPREVISTO: OPPORTUNITÀ O DANNAZIONE?

Che ci piaccia o no, niente è più lineare oggi. Quindi, evviva la complessità! Pianificare è diventato impossibile? Sì, se pensi a come lo facevi ieri. No, se accetti che pianificare oggi significa progettare su un arco temporale più ristretto – a volte pochi giorni se non addirittura poche ore – e se impari a concepire un Piano B per far fronte agli imprevisti e per raggiungere i tuoi obiettivi. Impara a considerare gli imprevisti un’opportunità per scoprire modi nuovi di fare le cose. Non puoi fare cose nuove con modalità vecchie. L’imprevisto, di per sé, ha una valenza neutra, siamo noi che gli attribuiamo un significato a seconda delle nostre esperienze precedenti, della nostra indole e predisposizione ad affrontare l’ignoto. Se partiamo da una situazione di blocco verso il nuovo, l’incerto, allora bisogna che impariamo a osare piano piano, a spingerci più in là verso nuove esperienze. L’approccio graduale è un ottimo metodo per accogliere l’Imprevisto come un buon compagno di viaggio.

2. CHE FINE HA FATTO LA SEMPLICITÀ?

“Sembriamo tutti messi su un palcoscenico, ci sentiamo tutti in dovere di dare spettacolo”, Charles Bukowski.

L’abilità di semplificare è tra le competenze che noi recruiters amiamo di più. Noi che – ammettiamolo – siamo alla perenne ricerca del buon senso e dell’equilibrio, prima in noi stessi e poi nei candidati che intervistiamo.

Sostiene John Maeda nel suo Le Leggi della semplicità che “semplificare significa sottrarre l’ovvio e aggiungere il significativo”.

E cosa ci sarebbe di soft in questa skill? Niente direi! Sfido chiunque a dire che semplificare oggi sia un giochetto da ragazzi. Semplificare vuol dire Decidere con la D maiuscola, vuol dire Scegliere, assumersi la responsabilità di eliminare certe cose e di tenerne altre. In altre parole, semplificare non può prescindere dalla capacità di prendersi responsabilità, attitudine che un bravo recruiter insegue e sa fiutare come un Bracco da tartufi.

3. CRITICHE A TUTTI I COSTI O PENSIERO CRITICO?

Nell’epoca in cui viviamo abbiamo dovuto imparare a destreggiarci al lavoro senza lasciarci travolgere, sopraffare, annientare dai perversi meccanismi delle cervellotiche competizioni, dal vortice delle incomprensioni e dei “sì, ma io intendevo dire che…”. Grottesche situazioni che si perpetuano senza fine e alimentano a dismisura le distanze tra colleghi. Inefficienze che si propagano a tutti i livelli dell’organizzazione, piatta o gerarchica che sia, distogliendo tutti dal vero obiettivo.

Esci da questo circolo vizioso e impara ad abilitare il tuo critical thinking. Come?

Concentrati a trovare la soluzione migliore, piuttosto che intestardirti a dimostrare agli altri che hai ragione. Diventa consapevole dei tuoi pregiudizi: riuscirai a vedere oltre, e la tua scaletta delle priorità cambierà in funzione dei reali obiettivi da raggiungere regalandoti una dose extra di concentrazione.

Concludendo: saper accogliere gli imprevisti semplificando le cose e facendosi guidare dal pensiero critico.

Adesso ditemi: cosa c’è di soft in questo? Niente!
Non sto dicendo che dobbiamo sentirci bene quando ci sono gli imprevisti, ma dobbiamo accettare che ci siano.

E poi è questione di esercizio, di allenamento e ancora allenamento. Costa fatica, ed è per questo che non lo fanno tutti. E quando finalmente abbiamo imparato, ecco che cambia ancora tutto. Pensa a quella volta che nella tua azienda hanno cambiato il software gestionale. Una “tragedia greca” per alcuni, un fastidio per altri. Quello di prima faceva questo, faceva quello, era più semplice, eccetera eccetera. La fiera del boicottaggio. Poi hai imparato ad usarlo et… voilà! come per magia, è diventato tuo amico.

Siamo esseri umani e anche quando siamo convinti di agire con la massima oggettività, una parte del nostro modo di essere e di pensare influisce sul nostro comportamento. Spettegoliamo, ci vantiamo, esageriamo ed equivochiamo. In pratica è umano desiderare di convalidare la nostra conoscenza precedente, rivendicare le nostre decisioni precedenti e sostenere le nostre credenze precedenti, ma non è utile. Perché così facendo ci neghiamo, senza rendercene conto, la possibilità di crescere intellettualmente e sì, anche professionalmente.

Quindi, continuiamo pure a chiamarle soft skills, ma come hai visto di soft non hanno proprio nulla.

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