TECNOLOGIA E SOSTENIBILITÀ: DUE PAROLE CON ERIC EZECHIELI

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Sostenibilità non può essere solo una parola che fa parte del nostro vocabolario quotidiano, ma vuota nei suoi effetti. La tecnologia ha un ruolo di propulsione in questo senso e può aiutare le aziende a raggiungere obiettivi più sostenibili. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata intorno al contesto BCorp e Società Benefit con Eric Ezechieli, co-founder di NATIVA, che ci ha aiutato a fare luce sull’argomento. 

ERIC EZECHIELI, MI PRESENTO

Eric Ezechieli

Sono un imprenditore rigenerativo, co-fondatore e Chief Evolution Officer di Nativa – una società di consulenza strategica e di design, e prima Certified B Corp® e Benefit Corporation in Europa – e Presidente di The Natural Step International.
Sono molte cose: docente e insegnante universitario, relatore principale in molti forum di leader, Alumno di Singularity University, Stanford e Bocconi, sciatore alpinista e triatleta di lunga distanza.

Ho sempre nutrito una passione per la tecnologia e il business, in parte grazie ad un’infanzia trascorsa a contatto con la natura e i suoi equilibri, ma contemporaneamente immerso nei sofisticati universi tecnologici dei miei genitori, entrambi medici.


TECNOLOGIA E BUSINESS: MOTORI DI MIGLIORAMENTO

Fino a pochi anni fa, si moriva come le mosche. Procedendo a ritroso nel tempo, nell’Ottocento, l’Inghilterra era il Paese con gli standard più avanzati: un’aspettativa di vita di circa 40 anni e un reddito medio annuo di circa 3000 euro odierni. Numeri che oggi consideriamo “infernali”, ma che all’epoca erano la normalità. In tutto il pianeta un Paese con queste caratteristiche era il migliore, di fatto un incubo di condizioni igieniche, violenza, abusi, schiavismo, inquinamento, vulnerabilità e incertezza, completamente distanti e dimenticate per il mondo, diciamo ricco, odierno.

Si può dire con sicurezza che nonostante tutti i drammi, le sfide, tutte le difficoltà e le enormi sofferenze del presente, la condizione umana non è mai stata così buona e virtuosa come ai giorni nostri. Ci si lamenta perché non c’è memoria o esperienza di come fosse una volta.
Tecnologia e business sono due leve di evoluzione fondamentali, così com’è stato negli ultimi 200 anni. Tanto più che ora ci sono di fronte a noi delle sfide che ci impongono un cambio di modello.

Negli ultimi duemila anni, prendendo una scala un po’ più vasta – con un’accelerazione negli ultimi 200 e ancora di più nei 50 – si è lavorato per mettere a sistema la capacità dell’uomo di innovare e inventare cose che non esistono, e si sono studiate le capacità del business di renderle disponibili su grande scala.

Così si arriva a dove ci troviamo oggi.
Ciò che ha funzionato finora, non è detto che possa funzionare anche nel futuro. Ad esempio, ci son voluti miliardi di anni per arrivare ad accumulare il capitale naturale globale che ci circonda e stiamo bruciando, letteralmente e indiscriminatamente, a un ritmo superiore alla sua capacità di rigenerarsi.

L’origine degli squilibri si può scovare nell’attuale modello economico, un paradigma di business fondato su un principio fondamentale: creare valore per i soci e gli azionisti. Lo è da un punto di vista giuridico, mentre persone e ambiente vengono gestiti o considerati in un’ottica di compliance, ossia per rispondere a specifiche leggi. Questo tipo di approccio, però, non è sufficiente perché si sta producendo un qualcosa che ha degli enormi effetti collaterali di lungo termine perché collettivamente distrugge più valore di quanto ne crei. Un grandissimo sbilanciamento che caratterizza i modelli di business attuali.

Come NATIVA* ciò che facciamo è lavorare attivamente per cambiare lo status quo e far evolvere aziende e organizzazioni per trasformarle in maniera virtuosa accompagnandole in un percorso che le conduca dall’essere estrattive, il cui unico obiettivo è creare profitto per gli azionisti, a rigenerative, che invece di togliere restituisce anche al resto della popolazione e al pianeta.

AZIENDA RIGENERATIVA: SOCIETÀ BENEFIT E BCORP

Come detto in principio il ventunesimo secolo è un periodo virtuoso costellato da sfide importanti. Il numero delle persone al mondo aumenta esponenzialmente, e lo stesso vale per i consumi. Un paradigma di business dall’effetto estrattivo concentra su sé stesso sempre più valore. 

A livello globale, si può immaginare un business “classico” come un insieme di persone connesse tra loro all’interno di una macchina organizzativa, che svolgono attività e producono dei risultati, estraendo e concentrando valore ovunque.

In una struttura rigenerativa, il valore generato da queste stesse persone sì lo si estrae, ma lo si porta anche da un’altra parte. Nel farlo si inizia a misurare come e quanto lo si sta facendo. Il valore prettamente economico-finanziario si va a sommare ad uno sociale e ambientale e si può comprendere come le due macro-famiglie di valore economico e non economico si vanno a compensare. 
L’aspetto della misurazione è un concetto fondamentale, una chiave di volta, perché serve a monitorare l’andamento effettivo e l’equilibrio del processo, senza dimenticare che non si può migliorare ciò che non si misura. Dalle misurazioni in corso emerge che, collettivamente, stiamo degradando in maniera sistemica la biosfera con conseguenze di squilibrio già evidenti.

Un aspetto evidente è la difficoltà diffusa a mettere in discussione le fondamenta di un modello considerato come l’unico percorribile.
Le cose hanno iniziato a prendere una piega diversa intorno al 2005 quando un gruppo di imprenditori ha iniziato a sostenere la necessità di superare gli attuali limiti del modello capitalistico. Il loro obiettivo era innanzitutto comprendere in quale misura un’azienda crea o prende valore. 
Hanno cominciato a sviluppare degli standard e degli strumenti di misurazione e si sono posti delle domande: Come si mette in discussione un modello consolidato che prevede necessariamente la creazione di valore solo per gli shareholder, per gli azionisti? Come ci si trasforma da una tipologia a un’altra?

Si sono quindi proposti di trovare a delle nuove forme giuridiche di impresa sempre in linea con un obiettivo di profitto ma con una evoluzione migliorativa di ciò che già c’era sul mercato. Lo scopo di questo tipo di organizzazione doveva essere quello di creare valore sia per gli azionisti che per gli altri portatori di interesse. 

Congiungendo queste due componenti, e misurandone gli effetti, è nata la nuova forma giuridica definita come Società Benefit o Benefit Corporation: un’azienda che in maniera conclamata nell’esercizio della propria attività economica persegua scopi di profitto e creazioni di valore per l’ambiente e le persone, con finalità di beneficio comune operando in maniera responsabile, sostenibile e trasparente verso tutti i portatori di interesse.

società benefit

Questa indicazione viene segnalata nero su bianco nello Statuto societario alla voce “oggetto sociale”, divenendo così il mandato che l’azionista assegna al management.

La differenza? Nel momento in cui si verificasse un cambiamento di management o l’entrata di nuovi investitori, o dovessero mutare le condizioni di mercato, o altro – mi viene in mente la possibilità che il manager di turno abbia idee diverse – si torna a rileggere lo statuto per trovare irrevocabilmente scritto e definito lo scopo dell’azienda. 

Bilanciare la creazione di valore per gli shareholder e per gli stakeholder è veramente una rivoluzione copernicana.

Un’organizzazione che aderisce a questo modello misura al contempo il valore economico che crea e quello sociale e ambientale.

Nel momento in cui vengono superate determinate soglie di eccellenza, si può essere eleggibili a certificarsi come B-corp. Si tratta di una attestazione rilasciata da una organizzazione no-profit, B Lab, la stessa che ha promosso la forma giuridica negli Stati Uniti. La certificazione si ottiene con il raggiungimento di un punteggio misurabile attraverso il BIA-B Impact Assessment, uno strumento digitale gratuito che aiuta le aziende a misurare e migliorare l’impatto in cinque macro-aree: Governance, Comunità, Ambiente, Clienti e Lavoratori.

B-Corp


Questo approccio di business si sta diffondendo a macchia d’olio ed è sui tavoli degli amministratori delegati delle principali aziende del pianeta.

Solo in Italia, negli ultimi 15 anni, la direzione è verso la combinazione dei due elementi di Società Benefit e B-Corp: un mandato nello statuto societario e degli obiettivi diversi e misurati che coincidano per contribuire ad affrontare le grandi sfide del nostro tempo. 

Sono quasi 3000 le Società Benefit che hanno modificato lo statuto e circa 200 le accreditate B-Corp, aziende che proprio misurando le proprie performance soddisfano delle soglie molto alte in termini di sostenibilità. 

I MOLTEPLICI RUOLI DELLA TECNOLOGIA

Il processo di cambiamento favorisce la migrazione in direzione di nuovi obiettivi di sostenibilità, ma ancor più di rigenerazione, una aspirazione che va oltre perché significa la capacità di porsi un obiettivo costante.
Come si fa a migliorare le cose senza peggiorarle in altri contesti? Come si può essere una forza positiva a 360 gradi in tutto quello che si fa?

La tecnologia in questo contesto diventa una leva straordinaria, in primis perché rende disponibile il know how, gli strumenti – il concetto stesso di Società Benefit e B-corp si basa su piattaforme tecnologiche e strumenti di misurazione. C’è uno strumento, il BIA-B Impact Assessment, che consente a qualsiasi azienda registrandosi gratuitamente online, di inserire i propri dati e comprendere come sta performando, così da valutare se sono soddisfatti i requisiti minimi di sostenibilità e performance ambientali e sociali per procedere con la certificazione. Al mondo, sono circa 200.000 le aziende che utilizzano la piattaforma contemporaneamente.

Sono numeri incoraggianti, ma del tutto insufficienti perché l’ordine di grandezza è ancora troppo piccolo. L’elemento positivo è che ci sono margini di miglioramento incredibili. 

È indispensabile, in quest’ottica, avere degli strumenti che consentano di accelerare la diffusione e amplificare l’adozione di determinate scelte e soluzioni.

Quindi un altro punto di intervento interessante della tecnologia da mettere in evidenza è la sua applicazione “verticale” nella risoluzione di problemi e sfide specifiche. Se si guarda all’Unione Europea, una delle sfide più impellenti e principale obiettivo politico, strategico e economico, è la decarbonizzazione con il raggiungimento della neutralità climatica.

In altri termini, smettere di usare petrolio, gas e carbone, rinunciare all’energia fossile, ri-progettando e ri-configurando ogni cosa. Una svolta di proporzioni mai viste prima, considerato che l’economia mondiale funziona per l’82% con il fossile.
Si apre quindi uno spazio infinito di cambiamento non solo tecnologico, ma anche culturale.

Ulteriore elemento da considerare, è la natura stessa della tecnologia come strumento del business, al servizio di un processo rigenerativo o estrattivo. Vale per qualsiasi tecnologia: Information Technology, tecnologie dei materiali, tecnologie mediche e biologiche, agricole, etc. 

Se lo sviluppo tecnologico si va a innestare in un paradigma di business estrattivo, quasi sicuramente porterà ad accelerare l’estrazione. Nel momento in cui è inserita e sviluppata all’interno di un paradigma rigenerativo, cambierà, in meglio, la scala di velocità per ristabilire equilibri sostenibili. 

Un quadro che ben rappresenta il grande bivio nel quale consideriamo la tecnologia come abilitatore, e diffusore di buone cose.

Uno degli ostacoli maggiori all’adozione di un paradigma rigenerativo? La diffidenza. O la paura di perdere utili per gli azionisti. E anche il cambiamento, che implica in sé un consumo di energia superiore rispetto al mantenimento dello status quo. A volte è proprio l’inerzia a incidere nei comportamenti umani, anche se spesso, per fortuna, le persone più propense al cambiamento sono proprio gli imprenditori.

BENEFICI DELL’ESSERE UN’AZIENDA RIGENERATIVA

Dopo questo excursus la domanda quindi sorge spontanea. Essere un’azienda rigenerativa porta benefici a tutti, anche agli azionisti?
La risposta è sì, perché in qualche modo si sta rispondendo a una necessità, a un bisogno.

C’è un’evidenza fortissima che dimostra come le aziende che hanno un miglior profilo di sostenibilità performano meglio anche dal punto di vista del business – in tempi buoni e in tempi meno buoni. In particolare, in quelli meno buoni, si dimostrano più resilienti e anti-fragili con una capacità di innovazione e performance potenziata. 

Il filosofo William MacAskill sostiene che l’evoluzione della civiltà alterni momenti di fluidità e di plasticità a momenti di rigidità. Quando si verificano situazioni caotiche di crisi ci si trova in una condizione di plasticità, come se fosse una massa di vetro che scaldandosi può assumere qualsiasi forma. Ora stiamo andando in una direzione di fluidità, stiamo rendendo più plastica la possibilità di plasmare il futuro. 

La bontà del meccanismo si può dimostrare grazie al lavoro delle organizzazioni leader nel mondo a livello di sostenibilità. Aziende in grado di mostrare come un futuro sostenibile sia auspicabile, più desiderabile e migliore di uno in-sostenibile, che in ogni caso non può verificarsi perché violerebbe le leggi della fisica (non si può continuare a consumare più di quanto si restituisca).  

Bisogna giocarsela bene questa “plasticità” nei prossimi anni e nei prossimi decenni, perché si aprono degli orizzonti di cambiamento ed evoluzione mai verificatisi nei precedenti 30/40 anni.  

Intorno a tutti questi argomenti è recentemente uscito un volume scritto da me con Paolo Di Cesare, co-fondatore di Nativa, che si intitola Un’impresa possibile, edito da Aboca, essa stessa Società Benefit e BCorp. Un’azienda talmente motivata e attiva sulle tematiche da avere una casa editrice che pubblica esclusivamente testi relativi a questo.

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Il testo è tratto dall’intervista della serie Human & Tech pubblicata nel nostro canale YouTube.

ERIC EZECHIELI – Imprenditore rigenerativo. Il suo scopo è accelerare l’innovazione nel business, perché questo diventi una forza di rigenerazione della biosfera, delle persone e della società. Co-fondatore di Nativa, prima Benefit Corporation e B Corp in Europa. “Most Valuable Player 2016” del movimento globale delle Benefit Corporation per avere introdotto il movimento e la forma giuridica di Società Benefit in Italia. “The Good Lobby Award 2018” recipient. Chairman di The Natural Step International, co-founder di SingularityU Italy e membro del “G7 Advisory Board on People Centered Innovation”. Laurea in Economia alla Bocconi, Master in Sustainable Innovation & Education a Stanford, Alumnus del Global Solutions Program di Singularity University, @NASA Ames, California. Singularity U Faculty Member.

NATIVA è un’azienda di design rigenerativo e innovazione sostenibile. Promuove l’evoluzione del business e della società, in modo da creare un impatto positivo sulle persone e sul pianeta, facendo crescere la Felicità. Nativa è la prima B Corp® certificata in Europa e la prima Società Benefit al mondo. B Lab Country Partner per l’Italia. Nativa è un hub di innovazione di The Natural Step e gestisce le sue operazioni di consulenza aziendale. Nativa aiuta le aziende a incorporare nel proprio DNA l’innovazione orientata allo scopo, a migliorare i risultati di business e a diventare una forza rigenerativa; inoltre, crea nuovi business e gestisce attività che “by design” rigenerano l’uomo e la biosfera. 
www.nativalab.com

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BREVE APPROFONDIMENTO – SOCIETÀ BENEFIT E BCORP

Società Benefit (Benefit Corporation in inglese ) è una forma giuridica legalmente riconosciuta in Italia, mentre B Corp è una certificazione rilasciata da B Lab in seguito al superamento del BIA (B Impact Assessment). In entrambi i casi le società possono scegliere volontariamente di aderire ad una sola o ad entrambe le posizioni.

Una azienda può diventare B Corp solo se riesce ad ottenere un punteggio finale maggiore o uguale a 80 nell’Assessment. Così ottiene la certificazione ed entrare a far parte della community B Corp.

In Italia si può liberamente provare l’Assessment per misurare il proprio impatto e confrontarlo con gli standard B Corp, ma una volta presa la certificazione c’è l’obbligo di trasformarsi in Società Benefit entro 2 anni dalla certificazione.
Dopo aver ottenuto la certificazione B Corp, l’azienda deve sottoporsi al processo di valutazione e approvazione da parte di B Lab ogni due anni. Al contrario, se si decide di rimanere Società Benefit, la Relazione dell’Impatto Sociale, redatta ogni anno, dovrà contenere un’autovalutazione del beneficio apportato alla società e all’ambiente.

BCorp_mondo
BCorp_italia

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