I 4 GRADI DEL RISPETTO. RISPETTO PER CHI? PER COSA?

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Chi rispetto vuol, rispetto porti.

Scrivere un articolo su un valore aziendale non è cosa da poco, soprattutto quando ci si trova a parlare di rispetto. Ecco perché mi appello nientepopodimeno che al vocabolario della lingua italiana Treccani, autorevole fonte che da generazioni ci racconta il significato delle parole nelle loro innumerevoli sfumature, con esempi e citazioni letterarie.

Già dal numero di significati che la parola rispetto può assumere ci si rende subito conto che la sua interpretazione non è per nulla scontata.
Sette sono i significati descritti nel vocabolario, quattro quelli utilizzati più di frequente e qui esaminati in ordine sparso. Un po’ come nel programma radiofonico “6 gradi” di Rai Radio Tre nel quale la scaletta dei brani musicali – che spesso sembrano appartenere a universi diversi – è strutturata sulla base di sottili ma solide connessioni.

Cominciamo da quello più semplice e facile da capire anche in un contesto aziendale.

1 – “Osservanza di una regola….”

01_rispetto

Quante più persone convivono quotidianamente sotto lo stesso tetto, tanto più sarà importante stabilire delle regole di convivenza civile ed assicurarsi che vengano rispettate.
Un esperimento “interlogico”, nato in maniera spontanea tra di noi un po’ di tempo fa, è stata la creazione di gruppi di lavoro con lo scopo di migliorare alcuni processi aziendali e – udite udite – uno dei gruppi di lavoro aveva come tema proprio il rispetto, inteso in relazione alla gestione degli spazi e dei beni comuni.
Rispetto di impegni assunti”, con chi?  “Rispetto della parola data”, a chi?
Con il proprio team, che funziona tanto meglio quanto più i suoi componenti possono fidarsi gli uni degli altri.
Con l’azienda, con la quale ci impegniamo a dare il meglio di noi con passione, competenza e creatività.
Con il cliente, verso il quale ci impegniamo a rispettare le tempistiche, la qualità e gli obiettivi stabiliti, con la chiara consapevolezza che avere rispetto “della parola data” significa anche difendere la propria reputazione aziendale, il “proprio onore”.

Con ciò siamo condotti dritti dritti al secondo significato, o almeno ad una sua sfumatura!
Se il primo è di immediata comprensione, con il secondo cominciamo già ad addentrarci in un sistema di valori più complesso.

2 – “Sentimento che porta a riconoscere diritti, decoro, dignità..”

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Tutto chiaro, vero? Mmm..temo di no!
Pensare di dare un’applicazione univoca a questo significato del termine rispetto è un po’ come pensare di entrare in una selva oscura ed uscirne seguendo le briciole di Pollicino.
Ogni individuo sarà portato a percepire “diritti, decoro, dignità, educazione, comportamento offensivo e indelicato, pensieri, sentimenti, riguardo e ritegno” secondo il suo personale e soggettivo punto di vista.
Ogni individuo è unico, è un dato di fatto, un tormentone che ognuno di noi ha sentito ripetere milioni di volte. Ma.. ne cogliamo davvero la portata fino in fondo? E quanto davvero ne teniamo conto nel momento in cui ci relazioniamo con gli altri?
Se do un input a una macchina, so esattamente quale output riceverò in risposta – o almeno è quello che ci auguriamo noi che le programmiamo 😉 – ma se lo stesso input viene inviato ad una persona, farà un percorso molto complicato: passerà attraverso i problemi che l’altro sta affrontando in quel momento, il film che ha guardato la notte passata, il sistema di credenze e nozioni che ha incamerato fin da piccolo a scuola, in famiglia e con gli amici; per poi arrivare a vecchi ricordi, a sentimenti nascosti, a traumi subiti o esperienze vissute; per uscirne infine completamente trasformato.

input-output

E tanto più complesso è l’input dato quanto più lungo e tortuoso sarà il “grand tour” che dovrà affrontare nel labirinto di mente, cuore e corpo di chi lo sta elaborando.

Come risolvere dunque l’annoso problema? Come assicurarsi che in un’azienda ogni dipendente porti rispetto agli altri e contemporaneamente si senta rispettato?
Un buon inizio potrebbe essere non stancarsi mai di chiarire bene il significato di azioni intraprese o parole dette; chiarire ogni dettaglio e sforzarsi di considerare ogni aspetto possibile, a costo di risultare pedanti – come ha detto un giorno il nostro collega Cesare Cesari: “la verità te la devi guadagnare”; beh, potremmo dire lo stesso pensando al rispetto.

3 – “Sentimento e atteggiamento di riguardo, di stima e di deferenza…verso una persona: rispetto verso i genitori, i superiori…”

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La presenza di un superiore, implica necessariamente l’esistenza di una gerarchia. Qui da noi, però, non ci sono gerarchie, o almeno non nel senso canonico di un’azienda tradizionale. E allora come funziona?
Innanzitutto potremmo cercare di dar loro un altro nome; possiamo chiamarle sistema di responsabilità, autorevolezza per competenza, per capacità, per carisma. Un sistema di regolazione dei rapporti aziendali, insomma, in cui il ruolo di ognuno di noi è dato dal merito e dalla capacità di portare valore, piuttosto che da una posizione predefinita e imposta dall’alto a priori.
In parole povere, il rispetto – che si porta verso un superiore – in Interlogica va guadagnato. Un compito per nulla scontato, un lavoro da costruire giorno per giorno, coltivando il proprio valore personale ancor prima che professionale, ed assicurandoci, noi stessi in primis, di portare rispetto verso coloro ai quali lo stiamo chiedendo.
È una sfida che anche i soci fondatori del Gruppo hanno accolto da tempo e che affrontano, non senza difficoltà. Immaginate di dover dirigere un’orchestra di musicisti lasciati liberi di suonare ognuno con la propria propensione e personalità – forse lo stesso Riccardo Muti avrebbe qualche grattacapo da risolvere. Ed ecco che lo stesso Muti può venirci in aiuto: “Un’orchestra sono cento persone, duecento con il coro: un popolo. Ci sono dentro reazioni emotive diverse, l’abilità del direttore sta nel creare una sensibilità collettiva.” (cit.)

Creare una “sensibilità collettiva” cosa significa in azienda?
Perseguire il bene comune.
Quando riconosciamo che tutto ciò che ci viene chiesto è per il bene comune, e non per l’interesse personale di questo o di quello, rispettare le regole diventa molto più facile; anche laddove non siamo d’accordo con queste regole.
E con questa “pillola di saggezza” ci catapultiamo dritti dritti verso l’ultimo dei quattro significati del rispetto presi in esame.

4 – “Attenzione, timoroso riguardo e considerazione eccessiva delle altrui opinioni, punto di vista, varietà dei casi”

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Con questo quarto ed ultimo significato ci riagganciamo all’inizio dell’articolo, ma con una sfumatura diversa, una minaccia che zitta zitta si insinua fra le pieghe del rispetto e delle modalità messe in atto per garantirlo.

Considerare la realtà rispetto agli infiniti punti di vista da cui la si guarda, e al contempo garantire il rispetto di ognuno di essi, è un compito non solo arduo, ma probabilmente impossibile. Farlo significherebbe rinchiudere i nostri orizzonti in uno spazio molto, molto piccolo, dove il rispetto è certamente assicurato, ma a quale prezzo?! Uno spazio dove in realtà “gli infiniti punti di vista” non ci entrano proprio da quanto è piccolo. Un piccolo spazio pieno di rispetto e nient’altro.

Come si fa quindi a garantire il rispetto di tutti senza limitare la libertà di pensiero e di espressione?
Non si fa!
Un po’ io, un po’ tu, tutti i componenti di un gruppo prima o poi devono accettare dei compromessi.
Dove finisce il rispetto per me stesso, per le mie esigenze e dove comincia quello che porto agli altri? Il confine è labile e va continuamente ri-contrattato.

La grande scommessa di Interlogica – tranquilli non ci siamo trasformati in una società di broker 😉 – sta proprio nel cercare il giusto compromesso: creare un ambiente di lavoro che sia incubatore di talenti e creatività, dove gli individui siano stimolati a pensare e agire fuori dagli schemi; al tempo stesso, garantire l’osservanza di regole di base e di principi guida che garantiscano a chiunque di sentirsi rispettato nella propria dignità, nel proprio lavoro.

Parole come “in relazione a”, “in quanto a”, “modo di considerare”, “punto di vista”, sono tutte parole che mettono in evidenza la stessa cosa: il rispetto implica sempre e comunque un “oggetto” altro con cui ci dobbiamo confrontare.
Che sia un contratto da rispettare, un’autorità a cui far riferimento, uno spazio di lavoro, o semplicemente una persona a cui rivolgiamo la parola; sempre e comunque si apre il tema della diversità, e la diversità per forza di cose prima o poi genera un conflitto. Conflitto fra ciò che siamo, ciò che vogliamo, che pensiamo, e ciò che è diverso da noi e che ci costringe a riadattare quelli che per noi sono dati di fatto.

Garantire il rispetto dunque, non implica affatto l’eliminazione del conflitto – che abbiamo capito essere una musica monotona e sbiadita – quanto piuttosto la capacità di affrontarlo e di gestirlo!
I nostri strumenti?
Un Codice Etico – ispirato alla Costituzione Italiana – che delinea i principi guida da rispettare; un Canale di Comunicazione sempre aperto – il People Team – che mette in dialogo le parti, ne accoglie i punti di vista e cerca soluzioni condivise; e last but not least, Persone – tutte le persone, senza distinzioni di ruolo o responsabilità – che si mettono in discussione e cercano i giusti compromessi per il bene comune.

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