HOME WORKING PER MAMME? SÌ, GRAZIE.

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IL LAVORO DA CASA DIVENTA AGILE

Paese: Italia. Ritratto di mamma. Molti nomi, molti volti, molte vite. Dalla Lombardia alla Sicilia non fa differenza: rientrare al lavoro dopo la nascita di un figlio per le donne italiane è da sempre problematico, anche in quelle regioni dove solitamente l’occupazione femminile è maggiore rispetto alla media nazionale.

Ma c’è chi agisce in controtendenza e dà valore all’equilibrio della vita delle persone. Qui in Interlogica tira aria di cambiamenti. L’azienda presta ascolto alle persone cercando di mettere in atto strumenti innovativi per migliorare la qualità della vita personale e lavorativa di ciascuno.
Sembra quasi utopia. È realtà.

In fin dei conti l’azienda è stata fondata molti anni fa da un gruppo di hacker smanettoni, casinari quanto basta, ma con un’etica di base che contraddistingue da sempre le loro scelte in fatto di gestione delle persone. La stessa etica che li spinge ad impegnarsi per cercare di cambiare le regole del gioco nelle scelte di tutti i giorni.

La mamma di cui stiamo parlando, invece, si chiama Barbara. È una giovane laureata in lingue, uno stage in Interlogica a fianco del Team Marketing giusto per iniziare, e la firma per un lavoro a tempo pieno subito dopo. Un figlio, il primo, a 25 anni, in controtendenza rispetto l’età media al parto delle donne italiane (31,7 anni).

IL WORK/LIFE BALANCE È UN GIOCO DI SQUADRA

Appena 4 mesi fa Barbara è diventata mamma di Leonardo e ha stretto con la sua azienda un accordo di Home Working, temporaneo e flessibile, che le concede la possibilità di lavorare al 100% da casa per i primi mesi di vita di suo figlio; successivamente potrà riprendere con gradualità e flessibilità il lavoro in sede.
In pratica, Barbara alternerà giornate di Home Working a giornate di ufficio, con la possibilità di stare a fianco del suo bimbo quando serve. In cambio si impegna a garantire, insieme al suo Team, il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Barbara e Interlogica credono di poter arrivare, nel tempo, ad una modalità di lavoro mista, un po’ da casa un po’ in ufficio, con due scopi chiari e definiti: permettere all’organizzazione di realizzare i suoi progetti, e consentire a lei di vivere una maternità degna di tale nome.

QUANDO MOLLARE NON È L’UNICA POSSIBILITÀ

Le parole di Barbara possono spiegare meglio di mille congetture: “Leo è nato ad aprile, io sarei dovuta rientrare al lavoro ai primi di luglio, non avevo scelta. Premetto che occuparmi di Marketing e Digital Communication mi piace tantissimo, avrei fatto i salti mortali per tenermi QUEL lavoro, in QUELLA azienda. Abito a Vittorio Veneto, a 50 km di distanza, e sapevo bene che rientrare a tempo pieno con un figlio di tre mesi sarebbe stato quasi impossibile; avevo messo in conto seriamente l’eventualità di lasciare. Ma non volevo accettare l’idea di mollare senza provare a conciliare lavoro e maternità”.

Come Barbara, il problema tocca molte altre neomamme, e le statistiche in Italia parlano chiaro: nel 2016 – in base agli ultimi dati degli Ispettorati del lavoro – almeno 30.000 donne hanno rassegnato le dimissioni in occasione della maternità.
La situazione degli asili nido non migliora il discorso: 22 posti e mezzo ogni 100 richieste; ben al di sotto dell’obiettivo strategico dei 33 indicato dall’Unione Europea. Che poi, anche su 33, vogliamo parlarne?

home working

HOME WORKING MUM: DALL’IDEA AL PROGETTO PILOTA

Continua Barbara: “Nella nostra azienda c’è un Team che si occupa di Personale – il People Team – che ha l’incarico di gestire tutte le questioni attinenti le Risorse Umane, o meglio le Persone”.  Sì perché da noi non ci piace chiamarle così. “Abbozzata l’idea con People l’abbiamo subito presentata al CEO che non ha avuto dubbi – ‘Sperimentiamo!’, ci ha detto, ‘facciamo in modo che questa esperienza diventi un progetto pilota, aggiusteremo le cose strada facendo se sarà necessario.’ – E così ci siamo messi a scrivere l’accordo, il 6 luglio siamo partiti”.

“DIFFICILE” NON VUOL DIRE “IMPOSSIBILE”: SI CONIUGANO VITA FAMILIARE E IMPEGNI PROFESSIONALI

Tanto per essere chiari, non sto dicendo che sia facile. Ci sono ruoli per esempio che richiedono per forza la presenza fisica in azienda e per i quali non sarebbe possibile immaginare un lavoro da remoto, se non in via del tutto occasionale. Quello di Barbara lo consente, da qui la disponibilità dell’imprenditore a sperimentare.

home working

Vale la pena ricordare che l’Home Working si configura come l’anticamera dello Smart Working, il lavoro fuori dalla sede aziendale che sempre più lavoratori chiedono a gran voce.

Attuare lo Smart Working richiede un cambio di passo culturale, prima che organizzativo. Non tutte le aziende sono disposte a farlo, ecco dove sta la difficoltà più importante. Capito questo, il primo passo è fatto, tutto il resto si può costruire un pezzo alla volta.

Far partire l’Home Working per un solo membro del Team non è stato un gioco da ragazzi. Ma lo sforzo iniziale extra non ha fatto desistere nessuno.

Ci sono stati intoppi e incidenti di percorso. E chi se la scorda quella volta che il team si è dimenticato di chiamare Barbara in occasione di una riunione? Per non parlare dei problemi di connessione che allungano inevitabilmente gli stand up mattutini (gli aggiornamenti giornalieri di team di 15 minuti ), ma con buona volontà e tenacia hanno imparato a risolvere le difficoltà mano a mano che si sono presentate.

“Voglio ringraziare il mio Team per l’impegno che ci sta mettendo” – mi racconta Barbara – “non è stato facile, né per loro né per me, e non lo è tutt’ora a due mesi dalla partenza del progetto. La cosa più difficile per noi è stata abituarsi all’idea che si era in 3 + 1 da casa. In certi momenti ho pensato che non avrebbe mai funzionato. Invece eccomi qui!”.

HOME WORKING DI BARBARA: COCCOLE PER LEO, VALORE PER L’AZIENDA

Il caso in questione ci dimostra che l’incontro tra un imprenditore lungimirante e una lavoratrice con una passione autentica per il proprio lavoro – che nel frattempo diventa mamma – non diventa automaticamente anche un problema, ma può trasformarsi in un’esperienza che genera valore per entrambe le parti: umano, professionale, aziendale, etico.

Conclude Barbara: “Grazie alla lungimiranza di Alessandro – il nostro CEO – continuo a fare il lavoro che amo, e posso dedicarmi a mio figlio senza perdermi niente di lui”.

Questo conferma che se si vuole una cosa veramente, una soluzione condivisa si può trovare, e a quel punto le difficoltà gradualmente si superano. Si sperimenta insieme, ci si mette a disposizione in maniera autentica. Stima e fiducia reciproche fanno il resto.

CARI IMPRENDITORI, UNA MAMMA SERENA RENDE DI PIÙ

Ci avete mai pensato che quando una donna diventa mamma – che le piaccia o meno – inizia, di fatto, una formazione su come gestire una piccola organizzazione? Una donna che cresce un figlio piccolo impara presto quali siano le strategie da adottare in fatto di rispetto delle scadenze, di organizzazione delle attività quotidiane, di ritmi, di gestione degli imprevisti, e altro ancora.

Se non l’avete ancora capito, cari imprenditori, funziona più o meno così: concedete alle vostre lavoratrici mamme la tranquillità di poter stare a fianco dei loro figli e vi restituiranno tutto in termini di rendimento, motivazione e fedeltà all’azienda. Pensate che sia poco?

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