SMART WORKING: PRO E CONTRO. IL REPORT DI INTERLOGICA

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Ognuno di noi ha vissuto questo periodo di incertezza globale con una sensibilità differente che ha richiesto velocità di adattamento a nuove regole, scritte e non, e ha costretto ad una serie di cambiamenti che saranno con noi per lungo tempo.

Ora, gli uffici sono aperti e, anche se con qualche limitazione, nuovamente a nostra disposizione. Allo stesso tempo, dopo la fase di test “forzata”, la visione del lavoro Smart come sistema, e come modalità realmente attuabile, inizia a prendere dei contorni definiti e a farsi più lucida.
Qual è il sentire delle persone che hanno lavorato da remoto in questo lungo periodo?
E che ruolo avrà l’ufficio nel nostro futuro?

Vogliamo rispondere usando un’indagine interna, un Report composto da molte domande e altrettante risposte, fatto di percentuali che sintetizzano diverse tipologie di situazioni, fatto di opinioni in libertà, rivelazioni, persone.

Già durante il lockdown molti di noi hanno avuto l’occasione di esprimere un’opinione molto personale sul modo in cui stavano fronteggiando il rapido passaggio da ufficio a casa/ufficio e ne è uscito un pezzo che è un’intima istantanea di Interlogica.

In questo caso, e grazie alle interviste tenute dal nostro People Team, abbiamo come risultato una panoramica variegata sui PRO e CONTRO del lavoro da remoto. Eh sì, perché non vi è solo un risvolto positivo della medaglia. Siamo persone complesse e come tali viviamo le situazioni in maniera complessa, con mille sfumature diverse.

Utilità del Report? Svariate. Innanzitutto ci ha permesso di esprimere un parere sincero portando a galla sia gli aspetti positivi, la verità è che lavorare continuativamente da casa ci è piaciuto molto, ma anche quelli critici, perché non è tutto oro quel che luccica. Inoltre, ci ha aiutato a concretizzare quelle che potevano essere supposizioni campate in aria trasformandole in dati reali, in ricerca vera realizzata sul campo attraverso una nutrita serie di quesiti all’intera azienda.

Ci siamo detti che questi nostri dati potevano servire a trarre alcune conclusioni non solo sulla maniera in cui abbiamo vissuto il lavoro da remoto, al contempo essere uno strumento utile a trovare delle soluzioni più adatte al modo di lavorare in Smart Working. È interessante, inoltre, scoprire come l’esperienza di Interlogica si incastri come un pezzo di un puzzle nel contesto più generale delle aziende in Italia che rilevano un sentiment, rispetto al lavoro da remoto, molto simile al nostro.

SMART WORKING, LATI POSITIVI E ASPETTI CRITICI

Quando è scattata la fatidica ora x del “tutti a casa”, molte aziende hanno attivato in tempi celeri tutta una serie di strumenti necessari ai collaboratori per trasferire l’ufficio presso la propria abitazione; così, ad esempio, è stato per noi che in poco più di una mezza giornata abbiamo raggiunto lo status di full-remote.
Secondo le stime di una indagine della CGIL, a livello nazionale siamo passati dai 500 mila lavoratori da remoto registrati prima dell’emergenza Covid, a più di 8 milioni nelle settimane di lockdown, una cifra impressionante. Il risultato è una nuova consapevolezza per aziende e lavoratori: lo Smart Working si può fare e non riguarda più solo una piccola percentuale di persone, ma milioni di italiani. Un cambiamento che dovrà sicuramente essere accompagnato da nuove modalità, da aggiornamenti delle strutture aziendali stesse e non per ultimo, da nuove regole.

Rientrando nel merito del nostro Report, si possono facilmente evincere i molti aspetti positivi che il lavoro da remoto porta con sé e che consentono di risparmiare tempo e denaro a favore della routine familiare. A volte, però, si sperimenta che mantenere l’ufficio casalingo crea degli intrecci non sempre facili da gestire e che possono portare all’insorgere di criticità e stress.

Ci sono diversi elementi, e non solo all’interno di questo approfondimento, che fanno ben sperare alle persone di poter mantenere un approccio smart anche al termine dell’emergenza. Grazie alle tecnologie scopriamo che sappiamo lavorare bene anche a distanza, senza doverci confrontare ogni minuto, trovando spazio per la concentrazione e quello per la condivisione, a seconda del bisogno.

La nostra indagine interna fa risaltare alcuni punti di forza che risultano condivisi da altre ricerche:

  • ottimizzazione dei tempi di vita tra lavoro e svago,
  • maggiore concentrazione grazie alla riduzione delle distrazioni,
  • risparmio di tempo, costi, rischi e stress dovuti al pendolarismo
  • comfort di casa ritrovato.

Spostando lo sguardo verso un panorama più ampio, rispetto al ristretto contesto aziendale, si scopre che gli italiani apprezzano particolarmente il tempo risparmiato per gli spostamenti da casa all’ufficio, gli orari flessibili e la mancanza di distrazioni tipiche del posto di lavoro, nonché la possibilità di gestire insieme esigenze personali e lavorative.

Secondo un’indagine del politecnico di Milano, se lo Smart Working raggiungesse un alto livello di maturità, l’incremento di produttività genererebbe ben 13,7 miliardi di euro e un risparmio individuale di 135 kg di CO2 annui (con un giorno a settimana di smart working) il conseguente impatto si misura sui costi aziendali, sull’ambiente e sulla produttività.

Tutti elementi che portano ad apprezzare il lavoro smart, ma ci sono anche degli altri aspetti meno positivi che rendono il lavorare unicamente da remoto una scelta difficile.
La mancanza di socialità sul luogo di lavoro, ad esempio, e il confronto quotidiano con i colleghi sono due rilevazioni negative che amplificano la sensazione di isolamento, seguite a ruota dalla scomodità della propria postazione casalinga e dal piacere di prepararsi alla giornata con outfit e make-up. Un altro elemento rilevante di criticità è la poca o nessuna attenzione al diritto alla disconnessione.

Si trovano dunque nella sfera relazionale le difficoltà maggiori, seguite da quelle organizzative, personali, comunicative e tecnico-logistiche.

COSA CI ASPETTA

Quali saranno le modalità con cui sarà possibile riprendere le attività (lavorative e non) a partire dalla prossima fase dell’emergenza, non è dato sapere.
Tuttavia, è impensabile che questa esperienza, per molti radicalmente diversa da quanto abitualmente sperimentato, non lasci alcuna eredità e che si possa tornare a lavorare esattamente come si faceva prima del 21 febbraio.

Il futuro è incerto, ma una cosa è sicura: la necessità di agilità e trasformazione continua. Caratteristiche che come organizzazione ci calzano a pennello.

Ma non è così per tutti. L’Italia rimane per lo più una nazione molto pragmatica e realista con aziende che faticano a parlare di rivoluzione del lavoro o a credere in nuove e sorprendenti modalità per il domani. La richiesta da parte dei lavoratori a mantenere una modalità di lavoro agile sfiora il 60%, una transizione effettiva che si scopre apprezzata anche dai manager.

Se da un lato i sindacati chiedono una maggiore regolamentazione, Confindustria dall’altro ritiene che questa opportunità, se troppo regolamentata, potrebbe non generare i risultati sperati. Inoltre, come mette in evidenza sempre la ricerca del politecnico di Milano, oltre la metà delle Piccole e Medie Imprese italiane non è interessata a implementare il lavoro smart, rendendo la sfida italiana ancora più complicata.

Una certezza. In Interlogica abbiamo già guardato oltre, in fin dei conti questa emergenza ci sta guidando verso trasformazioni inedite e sorprendenti, e il nostro Report inquadra esattamente questo: la nostra voglia di sperimentazione, la spinta di un’azienda che risponde prontamente, in maniera agile e adattiva.

La pandemia ha stravolto le nostre abitudini, e questo potrebbe riflettersi non solo sul modo in cui lavoreremo in futuro, ma anche impattare gli spazi nei quali lo facciamo, costringere a ripensare intere aree urbane e avere ripercussioni anche su altri aspetti della nostra società, come il mondo dell’istruzione o della sanità.

Qualche tempo fa ho letto che l’ufficio, da ora in poi, dovrebbe essere considerato come una piattaforma di contenuti e di relazioni, un luogo differente, quindi, da quello che siamo normalmente abituati a conoscere come tale. Come scritto in un articolo del New York Times: “Per i lavoratori che si stanno chiedendo se torneranno mai in ufficio, la risposta più sincera è: anche se lo facessero, l’ufficio potrebbe non essere più lo stesso”.

Credo sia proprio questo il punto di svolta, dopo aver scoperto che da casa siamo straordinariamente efficaci, focalizzati e produttivi, siamo consci che ci mancano i colleghi, sentiamo il bisogno di socialità e che sì, adoravamo la pausa caffè e
l’ufficio sarà il nostro polo di umanità. Il lavoro non è un luogo fisico, ma è fatto di persone e relazioni.

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